venerdì 26 agosto 2016

Verso Moab, UT

A forza di fare e disfare i bagagli mi si sono rotte tre unghie, così, dopo la colazione in camera, vado al Nails Salon vicino all'hotel.

Alle 10:30 siamo in auto, diretti a Moab.
Anche oggi il viaggio è interessante: da Park City scendiamo a Provo e di lì proseguiamo tra alte colline e rocce, mentre il paesaggio a poco a poco si spoglia.
È tra monti brulli e aspri che capitiamo a Helper, paesino minerario.
A farci lasciare la superstrada è Paolo, attratto da un centro minerario, dalla ferrovia (adora i treni) e da un cartellone che indica il museo locale.
Il paese è piccolo, e chiaramente deve aver visto tempi migliori, ma c'è un po' di tutto: uffici, negozi con le vetrine impolverate (persino una dignitosa galleria d'arte), edifici ormai scrostati di vecchie attività, un'area verde centrale accanto ai binari della stazione con un palco e due tavoli da picnic, addirittura ombreggiati da un paio di alberelli, cosa rara da queste parti.
Mangiamo qui, divertendoci a guardare il mercatino di beneficenza proprio al limite del prato, a una trentina di metri da noi: è deserto, con una donna dietro i banchi e un'altra in un gazebo, tra mucchi di vestiti dozzinali molto usati, scarpe ancor più usate, stoviglie scompagnate, vecchi giocattoli, libri ingialliti.
Non c'è nessun passante e, mentre mi avvicino per curiosare, mi domando come possano mai sperare di vendere qualcosa; eppure, come d'incanto, compaiono alcuni "clienti": tre o quattro donne fanno passare i vestiti, mentre un uomo con gilè e tipico cappello arriva deciso e nel giro di un minuto se ne va con quattro tazzoni bianchi dal bordo dorato scintillante.
Il museo è in fondo al paese, entriamo poco convinti dando 10$ di offerta tra i ringraziamenti dei due addetti, una donna anziana e un uomo di mezza età, il quale ci dà le spiegazioni necessarie alla visita. Apprendiamo così il passato di questo sperduto centro minerario, un tempo molto importante, ma segnato da incidenti e disastri ferroviari e nelle miniere: lavoro durissimo, condizioni tremende.
Il nostro cicerone ci mostra con orgoglio alcuni dipinti dal dopoguerra in poi di autori locali, spiegandoci che nei tempi di disoccupazione l'amministrazione commissiona opere d'arte per contribuire a superare i momenti duri, poi ci lascia liberi di proseguire.
Visitiamo così le stanze e stanzette dei tre piani (più l'interrato) sempre più stupiti dall'incredibile varietà delle meticolose collezioni che illustrano origini e trascorsi non solo di miniera e ferrovia, ma della vita dell'intero paese in tutti i suoi aspetti.
Noi giriamo con rispetto ed attenzione: in cantina c'è tutto quanto concerne la miniera, attrezzi, carrelli, lampade, indumenti, pezzi di carbone, molte zampe fossili di dinosauri ritrovate negli scavi. Non manca il gabbione con due celle per i carcerati, in ognuna un letto a castello è un wc. Proseguiamo salendo per i piani. C'è di tutto.
Vecchissime fotografie dei primi sparuti abitanti, di origine italiana: è commovente vedere il formarsi della comunità, arrivano le mogli, nascono i primi bimbi, si forma il paese.
Prima vediamo questi uomini in tenuta da minatore e poi, orgogliosi, nelle foto di famiglia vestiti a festa e davanti alle attività avviate con le loro mogli...l'emporio, il saloon...
Nelle varie stanze sono testimoniati anche i disastri e gli incidenti avvenuti fin dall'inizio dell'attività mineraria, ma anche ricostruiti tutti i possibili ambienti di vita: uffici, poste, case...sala e cucina, camere, stanza dei giochi, emporio, ambulatorio medico e dentistico, aula, gli arredi e il proiettore di una saletta cinematografica e persino la bottega di parrucchiere per signora con raccapriccianti bigodini appesi al casco con cavi elettrici.
I locali, i mobili, gli scaffali sono pieni di suppellettili originali; vediamo cose di ogni genere, sentiamo il profumo e gli odori, ancora persistenti, dei prodotti dell'emporio, di biscotti, medicinali, di saponi, detersivi (una collezione di lavatrici testimonia l'evoluzione di questo elettrodomestico) e poi mille altri prodotti, tutti ambientati e ordinati con religiosa meticolosità.
Qui e là, in stanze aperte, ma non illuminate, si intravvedono oggetti di ogni tipo accatastati e in attesa di catalogazione.
Per me, facile all'istantanea immedesimazione, è un susseguirsi di emozioni nel calarmi negli aspetti minuti, quotidiani, della vita di persone giunte qui allo sbaraglio, sperdute in miglia e miglia di deserto, e nel percepire la loro determinazione nel costruirsi una dignità di vita sociale e ...la felicità della propria vita.
E' con rispetto ad ammirazione che, andandocene, ringraziamo e salutiamo i due addetti: ci avevano accolto con gentilezza e umiltà, grati per i 10$ e quasi increduli che dei turisti, abituati ai grandi musei americani ed europei, si interessasero alla loro piccola realtà.

Rieccoci in viaggio e da qui in poi il paesaggio muta rapidamente e da questi monti brulli passiamo a distese desertiche, costeggiate a nord da rilievi riarsi, che si perdono nell'aria azzurra, nei quali sono evidenti i processi di erosione: è un susseguirsi di formazioni triangolari che si sgretolano in cumuli di pietroni, sassi e sabbia alla loro base.

Arriviamo così a Green River, una specie di rustica oasi lungo l'omonimo fiume, dove un Super 8 Motel ci accoglie e dove ci ritempriamo al Tamarisk Restaurant, seduti ad un tavolo con vista sullo scorrere delle acque e sul tramonto.




In effetti, poi, ci siamo fermati a Green River (UT) i cui motel sono decisamente meno dispendiosi di quelli di Moab, che è più avanti di circa 20 miglia.


Park City: la Main Street





Helper, UT

Al Railroad and Mining Museum, ci hanno confermato che la città deriva il proprio nome dal fatto che qui ai treni veniva agganciato appunto un "Helper", una locomotiva addizionale per aumentare la trazione lungo la salita ...






Verso Green River, UT